Il Codice civile stabilisce come criterio generale di determinazione del valore al quale iscrivere le immobilizzazioni in bilancio, quello del costo di acquisto o di produzione (art.2426 del Codice civile).

Le immobilizzazioni, siano esse materiali che immateriali devono essere iscritte in bilancio al costo di acquisto o di produzione che rappresenta il costo di acquisizione dell’immobilizzazione.

In particolare si applica

Gli sconti incondizionati esposti in fattura e gli sconti accordati dal fornitore per l’acquisto di determinati volumi di beni vanno a ridurre il costo di acquisto. Per contro gli sconti cassa non incidono nella determinazione del costo di acquisto in quanto vanno considerati come proventi finanziari.

Il Codice civile precisa che il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche i costi indiretti, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato.

Il costo di produzione è rappresentato, innanzitutto da tutti i costi relativi alla costruzione che l’impresa deve sostenere affinché l’immobilizzazione possa essere utilizzata.

La determinazione del costo di produzione va fatta in modo diverso a seconda che la costruzione in economia sia svolta in modo continuativo con un apposito reparto o sia solamente occasionale. Nella prima ipotesi il costo di fabbricazione è rappresentato dai costi diretti (come manodopera, materie prime, spese di progettazione) e da una quota dei costi generali di fabbricazione. Anche nella seconda ipotesi il costo di fabbricazione deve essere inteso come somma dei costi di diretta imputazione e di una quota di spese generali di fabbricazione. Tuttavia quest’ultima deve essere determinata solo tenendo conto della parte di costi sostenuta in conseguenza del lavoro di costruzione, mentre vanno esclusi i costi che l’impresa avrebbe sostenuto anche in assenza della costruzione in economia. Ad ogni modo è accettabile escludere dalla determinazione del costo di produzione una quota di spese generali di produzione e tenere conto dei soli costi di diretta imputazione.

In nessun caso possono essere capitalizzati i costi relativi ad eventi di natura straordinaria verificatisi durante la costruzione in economica come costi relativi a scioperi o a calamità naturali.

Le quote di costi generali relativi a periodi successivi rispetto al momento in cui il bene può essere utilizzato non sono capitalizzabili neppure nell’ipotesi in cui il bene non è stato ancora utilizzato.

In genere l’impresa provvede alla costruzione in economia di beni ammortizzabili per i quali non esiste un mercato. In questo caso la valutazione va fatta tenendo conto dei soli costi di produzione così come è stato appena definito. Nell’ipotesi, invece, in cui esiste un mercato per tali beni, una volta determinato il costo di produzione è necessario confrontare tale costo con il prezzo di mercato e iscrivere il cespite in bilancio al minore tra i due valori.

Sia il costo di acquisto che il costo di produzione possono includere gli oneri finanziari sostenuti per l’acquisizione dell’immobilizzazione.

La capitalizzazione è consentita con riferimento ai soli oneri finanziari sostenuti dall’impresa per prendere a prestito i capitali necessari all’acquisto o alla costruzione del bene e maturati durante il periodo che va dal pagamento delle somme di denaro ai fornitori fino al momento in cui il bene è pronto per l’uso includendo in tale periodo anche quello necessario per il montaggio e la messa a punto del bene. Se il momento in cui il bene è pronto per l’uso è ritardato per scioperi o altri eventi di natura straordinaria, gli oneri finanziari relativi a tale maggior periodo non sono capitalizzabili.

Il valore del cespite determinato capitalizzando anche gli oneri finanziari non può comunque eccedere il valore recuperabile tramite l’uso.

Nel corso della vita utile del bene si possono verificare situazioni che portano ad una variazione del costo originario dello stesso.

Possono comportare un aumento di tale valore le rivalutazioni del costo se queste vengono effettuate in applicazione di leggi speciali, il sostenimento di costi di manutenzione e riparazione straordinarie, i costi per rivolti all'ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di un'immobilizzazione. Possono portare ad una riduzione del valore originario le perdite e i danni per cause non dipendenti dall’impresa.

Si ricorda che, in base a quanto previsto dall’art.2423 del Codice civile:la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell'immobilizzazione considerata;

i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro. Tuttavia è possibile derogare a tale principio in casi eccezionali. La Nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.

Infine si ricorda che il Codice civile prevede regole particolari di valutazione di talune immobilizzazioni materiali e immateriali.

L’ammortamento deve essere sistematico. L’espressione usata dal legislatore ha come scopo quello di evitare che gli ammortamenti possano essere accelerati o rallentati nei vari esercizi in base a convenienza. Di conseguenza, l’ammortamento deve essere effettuato:

E’ evidente che l’utilizzazione dei cespiti all’interno dell’azienda può variare nel corso del tempo e di conseguenza possono variare anche i piani di ammortamento originariamente predisposti dall’impresa. In questa ipotesi è necessario motivare la modifica in Nota integrativa.

Le quote di ammortamento devono essere determinate tenendo conto della residua possibilità di utilizzazione dell’immobilizzazione con la necessità di tenere conto di tutti quei fattori che possono indurre l’ammortamento: usura fisica, superamento tecnologico, minore alienabilità del prodotto ottenuto con l'impianto, ecc…

Questo rappresenta il criterio generale da seguire per il calcolo delle quote di ammortamento quando non è diversamente previsto dal legislatore. Soprattutto per le immobilizzazioni immateriali, infatti, il Codice civile prevede regole particolari di ammortamento: così accade, ad esempio, per i costi pluriennali (costi di impianto e di ampliamento; costi di ricerca, sviluppo e pubblicità; avviamento), ma in alcuni casi anche per alcune immobilizzazioni materiali (come le attrezzature industriali e commerciali valutabili ad un valore costante).

In tutti i casi nei quali non sono previste norme particolari si applicano le regole generali di seguito enunciate.

Il piano di ammortamento di ciascuna immobilizzazione deve essere costruito tenendo conto:

Il valore da ammortizzare è rappresentato dalla differenza tra il costo di acquisizione dell’immobilizzazione e il  suo presumibile valore residuo al  termine della vita utile. Il valore residuo al termine della vita utile dell’immobilizzazione rappresenta un valore presunto. Esso deve essere determinato facendo riferimento al prezzo realizzabile sul mercato attraverso la cessione di immobilizzazioni simili sia con riferimento alle caratteristiche tecniche del bene che al processo di utilizzazione cui esso è sottoposto. Nel corso della vita del bene, la presunzione del valore residuo al termine della vita utile può subire modifiche, ad esempio perché sono intervenute delle variazioni dei prezzi. Di conseguenza tale valore deve essere periodicamente aggiornato nel piano di ammortamento dell’immobilizzazione.

Inoltre il valore di recupero va considerato al netto di eventuali costi di rimozione del bene.

Spesso, il valore di realizzo è estremamente modesto: questa ragione, insieme alle difficoltà di una sua determinazione attendibile, portano spesso a non tenerne conto.

Nel caso in cui si presume che il valore di realizzo sia inferiore rispetto ai costi di rimozione del bene, la differenza è accantonata lungo la vita utile del cespite.

La residua possibilità di utilizzazione è collegata con quella che si presume essere la vita utile del bene. Quest’ultima è, normalmente, inferiore rispetto alla vita fisica dello stesso.

La vita utile dell’immobilizzazione deve essere determinata tenendo conto dei seguenti fattori:

I criteri ammessi alla ripartizione del costo ammortizzabile ai fini del calcolo delle quote di ammortamento sono:

Quote ammortamento costanti

Il calcolo di quote di ammortamento costanti viene effettuato dividendo il valore da ammortizzare per il numero di anni di vita utile del bene. Si tratta del metodo che presenta una maggiore facilità di applicazione e consente con maggiore chiarezza il confronto dei bilanci relativi a vari esercizi.

Spesso si applicano quote di ammortamento costanti pari alle quote di ammortamento ordinarie fiscalmente deducibili. Questo modo di procedere, molto diffuso nella pratica, è ammissibile solamente se i suddetti coefficienti sono rappresentativi della residua vita utile dell’immobilizzazione.

L’uso di quote costanti di ammortamento si fonda sull’ipotesi che l’immobilizzazione cede, negli anni di vita utile, un’utilità costante.

Va però osservato che spesso gli impianti, i macchinari e le altre immobilizzazioni presentano un’efficienza che può mutare nel tempo anche in modo molto sensibile oppure può accadere che l’utilità di tali beni rimane costante nel tempo solo grazie a manutenzioni e riparazioni che diventano via via più onerose. Inoltre occorre osservare che anche quando la produzione ottenibile nei vari esercizi dagli impianti è abbastanza costante, le quantità vendute possono essere sensibilmente diverse con la conseguenza che il valore recuperabile attraverso i ricavi d’esercizio conseguibili durante la vita utile del bene non risultano essere costanti nel tempo. Questa considerazione inevitabilmente si riflette sulla valutazione della proficua utilizzazione futura delle immobilizzazioni.

Secondo molti autori l’applicazione di quote costanti di ammortamento è appropriata nel caso di immobilizzazioni tecniche la cui efficienza non varia in modo sensibile nell’arco della loro vita utile e quando le spese di manutenzione e di riparazione che gravano sui vari esercizi, sono mantenute stabili attraverso la costituzione di fondi di manutenzione e riparazione e ancora se la produzione effettuata grazie alle immobilizzazioni in questione non è molto diversa tra un esercizio e l’altro.

Quote ammortamento decrescenti

Seppure il criterio di quote di ammortamento costanti è quello da preferire, tuttavia i criteri di ammortamento devono assicurare una razionale e sistematica imputazione del valore dell’immobilizzazione durante la vita utile della stessa. Di conseguenza, non necessariamente devono essere applicate quote di ammortamento costanti, ma possono essere applicate anche quote di ammortamento decrescenti, pur essendo da preferirsi le prime.

Anche se le quote di ammortamento costanti sono da preferirsi, secondo l’ OIC - 16 è ammissibile anche il calcolo di quote di ammortamento decrescenti. Questo metodo presuppone che le immobilizzazioni cedano all’impresa una maggiore utilità nei primi esercizi di vita rispetto ai successivi.

Le quote di ammortamento decrescenti possono essere calcolate con diversi metodi matematici. Alcuni autori suggeriscono il calcolo di quote di ammortamento decrescenti rappresentante da una percentuale fissa del valore residuo da ammortizzare risultante all’inizio dell’esercizio, altri suggeriscono l’uso di una percentuale decrescente sul valore originario del bene, altri ancora ritengono utile calcolare le quote di ammortamento in modo direttamente proporzionale al decrescere del numero di esercizi che deve ancora decorrere prima della eliminazione dell’immobilizzazione.

L’OIC 16, come esposto di seguito, suggerisce l’uso di due metodi per il calcolo delle quote di ammortamento decrescenti:

Il metodo logaritmico consiste nell’applicare una formula al valore residuo da ammortizzare all’inizio dell’esercizio. Poiché tale valore decresce nel tempo per effetto del calcolo delle quote di ammortamento, la quota calcolata in ogni esercizio sarà inferiore rispetto a quella dell’esercizio precedente.

Il metodo aritmetico o americano che consiste nel moltiplicare il costo storico del cespite per un rapporto costruito ponendo al numeratore il numero di anni di vita residui del bene e al denominatore il numero di anni che rappresentano la somma dei periodi di ammortamento non ancora decorsi. Mano a mano che si riduce la vita utile residua del bene si riduce anche la quota di ammortamento annua.

Si ritiene che non siano ammissibili secondo il c.c. i seguenti metodi:

Quote ammortamento crescenti

I principi contabili nazionali non ritengono opportuno il calcolo di quote di ammortamento crescenti.

Per il calcolo di quote di ammortamento crescenti si possono utilizzare varie formule, ad esempio la quota di ammortamento può essere determinata in misura inversamente proporzionale al numero di esercizio della residua vita utile dell’immobilizzazione oppure in misura direttamente proporzionale al numero di esercizi già trascorsi della presunta vita utile dell’immobilizzazione o ancora in base ad una percentuale crescente del valore originario dell’immobilizzazione.

L’uso di quote di ammortamento crescenti può ritenersi utile nei casi in cui gli impianti presentano una utilizzazione limitata nei primi esercizi di vita e il loro funzionamento tende a crescere nel tempo.

Il limite principale di tale metodo di ammortamento sta nel fatto che le quote più elevate di ammortamento gravano sugli esercizi nei quali i beni richiedono maggiori spese di manutenzione e riparazione a causa del logorio fisico.

Quote di ammortamento variabili

Esiste poi la possibilità di calcolare quote di ammortamento variabili. Anche queste non sono ritenute opportune dall’OIC16 se non in ipotesi particolari come nel caso di industrie estrattive. Il calcolo di quote di ammortamento variabili si ha allorquando le quote sono determinate di esercizio in esercizio in base ad opportuni indici quantitativi come la quantità di produzione o le ore di lavoro.

Le quote di ammortamento calcolate in  base alla quantità di produzione sono determinate in modo direttamente proporzionale al rapporto tra la quantità di produzione ottenuta nell’esercizio e il volume complessivo di produzione che si presume si possa avere nel corso della vita utile dell’impianto.

In modo analogo le quote di ammortamento calcolate in base alle ore di lavoro sono determinate in modo direttamente proporzionale al rapporto tra le ore di lavoro dell’esercizio dell’impianto da ammortizzare e quelle complessive presunte per l’intera durata della vita utile del bene.

E’ evidente che il limite maggiore di questo metodo sta nella difficoltà insita nella previsione della quantità totale di produzione o delle ore complessive di lavoro dell’impianto. La determinazione preventiva di tali valori è estremamente ardua, come pure difficile è prevedere in modo attendibile la durata dei beni da ammortizzare soprattutto per la possibilità che vengano eliminati dal processo produttivo per cause economiche.

Va poi osservato che non sempre vi è una relazione tra volume di produzione o ore di lavoro e deperimento fisico del bene. In alcuni casi, infatti, il logorio fisico dell’immobilizzazione non è direttamente proporzionale alla quantità prodotta o alle ore di lavoro: l’uso di un impianto, spesso, è solo una delle cause del suo deperimento fisico.

Esistono poi delle immobilizzazioni che subiscono un logorio fisico maggiore proprio quando sono inattive come nel caso delle fornaci. Infine, uno stesso impianto potrebbe subire un deperimento diverso a seconda del tipo di lavorazione eseguita.

Ultima considerazione, ma non meno importante, è che il logorio fisico è solamente uno dei fattori di cui occorre tenere conto nella ripartizione del costo pluriennale tra vari esercizi attraverso il calcolo delle quote di ammortamento. E’ pur vero che, in alcuni casi può apparire logico far gravare il costo pluriennale relativo ad una immobilizzazione maggiormente negli esercizi in cui, a seguito di una maggiore produzione, sono conseguiti dei maggiori ricavi. In ogni caso, i criteri di ammortamento proporzionali alle quantità di produzione o alle ore di lavoro, anche quando sono ritenuti opportuni, vanno usati con cautela in modo da evitare di imputare degli ammortamenti esigui in alcuni esercizi in attesa di migliori condizioni di gestione.